Abusi minori e sanatoria paesaggistica postuma: gli effetti del Salva Casa
La nuova sanatoria semplificata di cui all’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia ha ampliato le previsioni di cui all’art. 167 del Codice dei beni culturali
Il caso di specie e il ricorso
Il caso di specie può essere così riassunto:
- pratica di condono edilizio avviata il 27 settembre 1986;
- rilascio da parte della Regione del nulla osta paesaggistico il 3 giugno 1999, recante l’esplicito riconoscimento che le opere realizzate non arrecavano danno ai beni tutelati “in quanto si inseriscono coerentemente nel contesto urbano interessato, perché non contrastano con la tipologia edilizia dell’intorno»;
- l’indennità prevista dalla legge n. 1497/1939, ne differiva la determinazione ad un successivo provvedimento, che avrebbe dovuto specificare anche le modalità di pagamento, sulla base della perizia contestualmente affidata all’Ufficio del Genio civile;
- l’11 gennaio 2002 viene rilasciato il permesso di costruire straordinario;
- nel 2008 e nel 20014 viene richiesta al privato una valutazione peritale dell’indennità prevista dalla Legge n. 1497/1939, a cui il privato non da riscontro;
- il 18 febbraio 2019 viene notificato al privato il provvedimento con la quantificazione d’ufficio dell’importo.
Questo provvedimento viene impugnato dinanzi al TAR che lo ritiene prescritto, dovendo trovare applicazione il termine individuato dall’art. 28 della legge 24 novembre 1981, n. 689, che per il diritto a riscuotere le somme dovute per violazioni amministrative lo fissa in cinque anni dalla loro commissione. Secondo il TAR, il dies a quo individuato nella data di cessazione della qualificazione come contra ius della costruzione, andava ravvisato nella concessione in sanatoria, risalente, all’11 gennaio 2002, sicché la pretesa pecuniaria sarebbe ampiamente fuori termine.
Quindi il ricorso in secondo grado che la Regione affida a due motivazioni:
- con la prima argomenta sul fatto che venendo all’evidenza un’attività abusiva che dà luogo ad un illecito permanente, a cui deve conseguire una misura ripristinatoria dello stato dei luoghi, seppure la stessa assuma la veste formale di sanzione amministrativa non può trovare applicazione l’art. 28 della legge n. 689/1981;
- con la seconda afferma che la possibilità di prescrizione del credito non può che riferirsi alla fase della riscossione delle somme oggetto di ingiunzione e non al potere dell’amministrazione di ingiungerle.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 4 novembre 2024, n. 8722INDICE
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