Abusi minori e sanatoria paesaggistica postuma: gli effetti del Salva Casa

La nuova sanatoria semplificata di cui all’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia ha ampliato le previsioni di cui all’art. 167 del Codice dei beni culturali

di Gianluca Oreto - 20/11/2024

La svolta del Codice dei beni culturali e del paesaggio

L’art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 ha segnato una decisa svolta in senso restrittivo, stante che nella sua stesura originaria prevedeva quale regola generale il divieto di autorizzazione paesaggistica postuma, affermando che tale titolo non può essere rilasciato «in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi».

Con il D.Lgs. n. 157/2006 (primo correttivo al Codice dei beni culturali e del paesaggio) la materia è stata profondamente innovata, stemperando la tassatività di tale divieto assoluto. La novellata formulazione del comma 12 dell’art. 146 ha ribadito il divieto di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, ma solo «fuori dai casi di cui all’articolo 167, commi 4 e 5», così ammettendolo nelle ipotesi di minore consistenza espressamente declinate in tale disposizione.

Il successivo D.Lgs. n. 63/2008 ha confermato tale disposizione – tuttora vigente – anche se l’ha spostata al comma 4. Il comma 5 dell’art. 167, replicando, ma solo nelle sue linee essenziali, la formulazione dell’art. 15 della legge n. 1497 del 1939, prevede dunque che in caso di accertata compatibilità paesaggistica, «[…] il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione».

La scelta del legislatore di consentire l’autorizzazione paesaggistica postuma esclusivamente per i c.d. “abusi minori” è in linea con i principi costituzionali della ragionevolezza e della parità di trattamento, oltre che con quelli dell’ordinamento comunitario, perché si muove su un piano di coerenza con l’accentuato profilo costituzionale dell’interesse pubblico alla preservazione del paesaggio.

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