Bonus edilizi e impresa fuggitiva: come quantificare il danno subito?
Una nuova sentenza fa dipendere l’indennizzo dal mancato aumento di valore dell’immobile, e non dall’importo indicato nel contratto d’appalto
La sentenza
Con la citata sentenza, il Giudice ha rimodulato al ribasso il risarcimento richiesto dal proprietario di un immobile che, dopo aver incaricato un’impresa della realizzazione di opere agevolabili con Superbonus, era stato abbandonato dalla stessa, con la conseguenza di aver perso la possibilità di fruirne. In particolare, il committente aveva chiesto un risarcimento pari all’importo stabilito nel contratto d’appalto disatteso, ma il Tribunale ha scelto di riferirsi, come accennato, al mancato aumento di valore dell’immobile, così come quantificato da una CTU.
Infatti, nelle parole del Tribunale, “poiché l’incentivo fiscale di cui si discute non prevede, appunto, il pagamento diretto di somme in favore del beneficiario ma piuttosto la possibilità per lo stesso di ottenere una determinata opera sostanzialmente “a costo zero”, il danno patrimoniale effettivamente patito deve, piuttosto, individuarsi nel mancato conseguimento di quella stessa opera”.
In sostanza, almeno nel caso in cui il potenziale beneficiario avrebbe avuto accesso allo sconto in fattura, il danno non dipende dal prezzo delle opere. Ma ciò potrebbe valere anche a prescindere dalla modalità di fruizione del bonus, poiché il Giudice ha scelto tale criterio di liquidazione del danno anche a causa del fatto che il Superbonus ha avuto l’effetto di “gonfiare” i prezzi dell’edilizia. “Si tratta”, ha infatti specificato il Tribunale, di “opere il cui costo di realizzazione supera di gran lunga l’incremento di valore dell’immobile sul quale vengono eseguite derivante dalle stesse”, risultando così preferibile non riferirsi, appunto, al “valore” dell’appalto.
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