Bonus edilizi: gli interventi sulle parti comuni dell’edificio plurifamiliare di un unico proprietario
L’esperto risponde: le detrazioni fiscali 2025 per edifici con unico proprietario, come gestire correttamente le spese sulle parti comuni
Ho di recente letto l’articolo dal titolo “Condominio minimo e detrazioni fiscali: le novità per il 2025” e, nonostante il suo contenuto racchiuda come sempre preziosi chiarimenti, mi rimane un dubbio legato alla casistica dell’edificio plurifamiliare posseduto da un unico proprietario.
L’argomento, che all’epoca del superbonus era stato “sdoganato” in favore di una sua interpretazione estensiva, consentendone pertanto il trattamento al pari del condominio minimo così come definito dalle normative, torna più che mai d’attualità ora che le 2 aliquote uniche 50% e 36%, vengono diversificate tra loro dal possesso o meno della prima casa.
Capita infatti che il singolo proprietario sia in possesso di due o più appartamenti nel contesto dell’edificio plurifamiliare e che, dovendo eseguire interventi edilizi che riguardano le parti comuni dell’edificio (ad esempio tetto e facciate), la suddivisione di queste spese, da imputare in maniera proporzionale alle singole U.I.U., faccia sì che si possa generare dell’incertezza.
Personalmente intendo operare in questo modo. Poniamo il caso che nell’edifico siano presenti due residenze, la prima (A) è l’abitazione principale del proprietario, la seconda (B), è vuota. Le spese imputabili all’abitazione (A) potranno seguire il regime agevolativo della detrazione pari al 50% per il 2025, mentre, i costi dell’intervento da imputare all’abitazione (B), dovranno essere detratti al 36% equiparando quindi questa unità residenziale a una seconda casa. Per contabilizzare gli interventi con le modalità appena esposte, ritengo sia altrettanto opportuno suddividere le fatture andando a specificare al loro interno che i costi relativi alle parti comuni sono proporzionati e riferiti ai singoli subalterni ai fini fiscali.
L’esperto risponde: le parti comuni dell’edificio dell’unico proprietario
Il quesito posto dal gentile lettore richiama prima di tutto un dubbio frequente al quale è bene dare risalto in modo da chiarirlo definitivamente.
L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 11.05.1998 n. 121, paragrafo 2.6, ha voluto dare un chiaro significato alla locuzione “parti comuni di edificio residenziale”. Secondo l’Agenzia, qualora un intero edificio sia posseduto da un unico proprietario e siano comunque in esso rinvenibili parti comuni a due o più unità immobiliari distintamente accatastate, detto soggetto ha diritto alla detrazione per le spese relative agli interventi realizzati sulle suddette parti comuni anche se in questo caso, dal punto di vista giuridico, non si configura la comunione prevista dal codice civile. Infatti, tenuto conto che la detrazione, per espressa previsione legislativa, compete sia al possessore sia al detentore dell'immobile, si ritiene che la locuzione utilizzata dal legislatore, "parti comuni di edificio residenziale di cui all'articolo 1117" del codice civile, vada considerata in senso oggettivo e non soggettivo, riferibile, pertanto, alle parti comuni a più unità immobiliari e non alle parti comuni a più possessori.
In pratica, ciò che conta è la parte comune relativa alle unità immobiliari distintamente accatastate presenti nell’edificio indipendentemente da chi ne sia proprietario.
Il principio è stato ribadito anche nella Risoluzione 12.07.2007 n. 167/E in cui l’Agenzia ha affermato che il concetto di "parti comuni" non richiede l'esistenza di una pluralità di proprietari, ma presuppone la presenza di più unità immobiliari funzionalmente autonome.
In ultimo, la più recente Circolare 17/2023 che richiama entrambi i documenti di prassi e ricorda che non sono invece ravvisabili elementi dell’edificio qualificabili come “parti comuni” quando l’edificio è costituito esclusivamente da un’unità abitativa e dalle relative pertinenze (Risoluzione 12.07.2007 n. 167/E, risposta 2).
IL NOTIZIOMETRO