Cambio di destinazione d’uso post Salva Casa: gli interventi della giurisprudenza
Con la riscrittura dell’art. 23-ter del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) è stata prevista una nuova disciplina per i cambi di destinazione d’uso. Ecco i primi interventi della giustizia amministrativa
Cambi d’uso e titolo edilizio: le regole post Salva Casa
La riforma dell’art. 23-ter ha sistematizzato la disciplina del mutamento di destinazione d’uso, includendo sia i cambi urbanisticamente rilevanti sia quelli all’interno della stessa categoria funzionale. Una delle principali novità consiste nel principio per cui il titolo edilizio per il cambio d’uso diventa “trainato” (prendendo in prestito un termine recentemente utilizzato dall’Arch. Mauro Pantina, Consigliere all’Ordine degli Architetti PPC di Palermo) da quello necessario per l’esecuzione delle eventuali opere.
Con una precisazione: se le opere sono soggette a CILA, il cambio d’uso richiede comunque una SCIA, che diventa così il titolo edilizio “di base”.
In sintesi:
- per i cambi d’uso senza opere o con opere da CILA: si presenta una SCIA;
- per i cambi d’uso con opere più rilevanti: si adotta il titolo previsto per le opere stesse (SCIA o permesso di costruire).
Entrando nel merito dell’art. 23-ter:
- il comma 1-bis liberalizza i cambi orizzontali, salvo condizioni locali espresse;
- i commi 1-ter e 1-quater liberalizzano anche i cambi verticali
tra categorie funzionali disomogenee (residenziale,
turistico-ricettiva, direzionale/produttiva, commerciale), purché:
- l’unità sia ubicata in zone A, B, C (o equipollenti),
- siano rispettate eventuali “specifiche condizioni” imposte dai Comuni dopo l’entrata in vigore della riforma.
Il principio cardine? La prevalenza della legge statale, salvo che l’ente locale abbia introdotto ex novo condizioni specifiche e motivate.
Vediamo come la giurisprudenza amministrativa ha interpretato questo assetto.
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