Condono edilizio e sanatoria su immobili abusivi: interviene il Consiglio di Stato
La differenza tra i due rimedi agli abusi edilizi poggia sulla straordinarietà delle norme sul condono e ha effetti su eventuali successivi interventi
Le differenze con la sanatoria ordinaria
La sanatoria ex artt. 36 e 37 del Testo Unico Edilizia (adesso con il Salva Casa, anche ex art. 36-bis), è invece un procedimento amministrativo ordinario che consente di regolarizzare opere edilizie realizzate senza titolo abilitativo, ma solo se queste rispettano le normative vigenti sia al momento della realizzazione che al momento della richiesta di sanatoria (doppia conformità “simmetrica”, adesso esiste anche quella “asimmetrica” con la procedura di cui all’art. 36-bis). Il suo rilascio attesta lo stato legittimo dell'immobile.
Diversamente invece, il condono edilizio:
- non rende l’opera condonata legittima, ne evita solo la demolizione e ne consente il trasferimento, che sarebbe altrimenti vietato;
- non costituisce il presupposto per la realizzazione di ulteriori interventi edilizi, che ne mutuano inevitabilmente la natura illegittima: diversamente si finirebbe per attribuire al titolo edilizio rilasciato in sede di condono una sorta di “ultrattività indeterminata”, cioè una estensione oggettiva e temporale che va ben al di là dei limiti indicati nella L. 47/85 (e dalle successive leggi che hanno reso possibile la ripresentazione di domande di condono, i.e. la L. n. 724/904 e la L. n. 326/2003).
Debbono quindi ritenersi ammissibili, sui beni oggetto di condono edilizio, solo gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria e risanamento conservativo, per mera coerenza con il consenso che il legislatore ha dato al mantenimento delle stesse opere.
Conseguentemente, il ricorso è stato respinto: il Comune non avrebbe mai potuto pervenire a una diversa decisione sulla istanza di sanatoria, a prescindere dalla possibilità che le opere potessero ottenere la compatibilità paesaggistica.
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SentenzaIL NOTIZIOMETRO