Condono edilizio: il TAR sull'annullamento dell'autorizzazione paesaggistica
Nei procedimenti di condono l’ente di tutela è privo dei poteri ripristinatori e repressivi previsti dall'art. 167 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio
Autorizzazione paesaggistica: il procedimento nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio
Nel sistema delineato dal d.lgs. n. 42/2004, secondo quanto previsto dall’art. 146, commi 1 e 4, l’autorizzazione paesaggistica è individuata espressamente quale atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio.
Il Codice prevede che ogni intervento edilizio suscettibile di recare pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione su immobili e aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell'articolo 142, o in base alla legge, ai sensi degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, nell’ambito di aree sottoposte a vincolo ai sensi dell’art. 146, comma 4, debba essere previamente autorizzato dalla regione su parere vincolante della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali, quale organo periferico del competente Ministero.
Ne deriva, pertanto, che l’omessa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica – che l’art. 146, comma 4, delinea come atto autonomo – rende puramente inefficace il titolo edilizio eventualmente rilasciato, con la conseguenza che ai sensi dell’art. 167, comma 1, l’ente di tutela non è privato del potere repressivo, paralizzabile solo con l’eventuale accertamento postumo di compatibilità paesaggistica ex artt. art. 167, commi 4 e 5 del medesimo d.lgs. n. 42/2004 e 17 del d.P.R. n. 31/2017, al cui effettivo rilascio – su istanza dell’interessato – consegue il riacquisto dell’efficacia del titolo edilizio, potendosi così predicare la legittimità ex tunc dell’intervento edilizio eseguito.
Il procedimento delineato dall’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004 per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte della regione concretizza una forma di cogestione del vincolo da parte delle autorità nazionali e regionali e in cui la valenza vincolante del parere reso dalla Soprintendenza rispetto all’autorizzazione regionale cessa nel caso del mancato rispetto del termine endoprocedimentale di cui al comma 9 del predetto art. 146.
La stessa forma di cogestione – anche se con tempistiche procedurali differenti e con i limiti ivi stabiliti – è prevista per il rilascio dell’autorizzazione in sanatoria ex art. 167, comma 4 e 5, del d.lgs. n. 42/2004.
Questo sistema non è replicabile nell’ordinamento siciliano, giacché «la Regione Siciliana gode di potestà legislativa primaria in materia di «tutela del paesaggio» e che, nel suo esercizio, essa ha stabilito che tutte le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato nella materia – attribuzioni trasferite alla Regione dall’art. 1 del d.P.R. 30 agosto 1975, n. 637.
La stessa legislazione siciliana affida poi alle soprintendenze il rilascio o il diniego dell’autorizzazione paesaggistica. L’attribuzione del potere decisorio alla soprintendenza è evidentemente incompatibile con la previa acquisizione del suo parere, il quale resta assorbito nella decisione finale.».
Nella Regione Siciliana, pertanto, a prescindere dalla terminologia utilizzata negli atti (parere, nulla osta, ecc.), il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica ex art. 146, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004, nonché del provvedimento di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica ex art. 167, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 42/2004 sono procedimentalmente semplificati, giacché rientranti nell’esclusiva competenza della Soprintendenza.
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