La contrattazione collettiva nel nuovo Codice Appalti: criticità e soluzioni

Il Codice dei contratti ha fissato l'obbligo per la S.A. di applicare il CCNL in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro. Restano ancora dei dubbi applicativi

di Alessandro Boso - 24/06/2024

La disciplina dei contratti pubblici, come di recente innovata dal nuovo Codice (D.Lgs. n. 36/2023), si pone l’obiettivo di rafforzare la tutela dei lavori impiegati nell’appalto, imponendo alle stazioni appaltanti di indicare, nella documentazione di gara, il contratto collettivo applicabile alla commessa.

L’efficacia dei CCNL

Il contratto collettivo è l’accordo stipulato tra un datore di lavoro (o un gruppo di datori di lavoro) e un’organizzazione o più di lavoratori, allo scopo di stabilire il trattamento minimo garantito e le condizioni di lavoro che dovranno essere rispettate nei rapporti di lavoro facenti riferimento a tale contratto.

I contratti attualmente stipulati dai sindacati sono dei contratti c.d. “contratti di diritto comune”, espressione dell’autonomia negoziale dei soggetti privati, idonei a produrre effetti solo nei confronti delle parti iscritte alle organizzazioni di rappresentanza degli interessi datoriali e sindacali che abbiano stipulato il contratto (art. 1372 c.c.).

I datori di lavoro possono scegliere il contratto collettivo da applicare ai loro lavoratori anche indipendentemente dal settore merceologico in cui l’azienda esercita la propria l’attività d’impresa (art. 39 Cost.), nonché decidere di non vincolarsi ad un determinato CCNL.

Ad ogni modo, per tutelare i lavoratori, la giurisprudenza e talune previsioni legislative, richiamano la contrattazione collettiva come parametro fondamentale per individuare i livelli minimi dei trattamenti economici e normativi da riconoscere al dipendente. È infatti sancito a livello costituzionale il diritto ad una retribuzione adeguata e proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato (art. 36 cost.).

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