La contrattazione collettiva nel nuovo Codice Appalti: criticità e soluzioni
Il Codice dei contratti ha fissato l'obbligo per la S.A. di applicare il CCNL in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro. Restano ancora dei dubbi applicativi
Nuovi obblighi nel Codice dei Contratti pubblici
Il nuovo Codice dei Contratti pubblici, all’art. 11 introduce un obbligo ulteriore per le stazioni appaltanti: la necessaria indicazione, nei documenti di gara, del contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto.
Quindi la P.A., al momento della indizione della gara d’appalto, dovrà individuare proprio quel contratto leader in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le attività oggetto dell’appalto e a queste strettamente connesso.
In continuità con gli orientamenti innanzi citati, il citato art. 11, al comma 3, consente comunque all’operatore economico di indicare un contratto differente, ma lo stesso dovrà comprovare che il contratto applicato garantisca ai dipendenti le medesime tutele di quello indicato dalla stazione appaltante.
Ebbene, questo implica che la stazione appaltante, non solo dovrà valutare la coerenza del contratto applicato dall’aggiudicatario con l’oggetto dell’appalto posto in gara, ma dovrà spingersi oltre, fino a entrare nel merito dell’equivalenza delle tutele garantite ai lavoratori.
Viene quindi spontaneo domandarsi se la stazione appaltante abbia le competenze per effettuare tali valutazioni.
Si rammenta in proposito che la giurisprudenza, in passato, aveva espressamente affermato che “né alla stazione appaltante né tantomeno al giudice amministrativo compete lo scrutinio di legittimità di un determinato contratto collettivo (o la verifica della capacità del singolo contratto collettivo di derogare in peius ad altri contratti collettivi), questa essendo una questione rimessa alla cognizione del giudice del lavoro. In presenza di un contratto collettivo efficace e coerente con l’appalto oggetto di gara, non può impedirsi a un operatore economico di porre i relativi parametri retributivi alla base della propria offerta economica” (Tar Calabria, Catanzaro, sez. I, sentenza del 31 luglio 2020, n.1404).
Inoltre, la normativa, da un lato, per l’individuazione del costo del lavoro, richiama le tabelle del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che prevedono un costo medio del lavoro, calcolato sulla base di diversi contratti collettivi, mentre dall’altra indica come inderogabili le condizioni (anche retributive) fissate da un unico CCNL, indicato dalla stazione appaltante.
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