Demolizione e ricostruzione di edifici crollati: la ristrutturazione edilizia non ha limiti temporali
Il Consiglio di Stato rilancia il dibattito sulla qualificazione dell’intervento di demolizione e ricostruzione alla luce della definizione di ristrutturazione edilizia contenuta nel d.P.R. n. 380/2001
Un intervento di demolizione e ricostruzione va qualificato come nuova costruzione o ristrutturazione edilizia? Quando un edificio può dirsi “esistente” ai fini della ristrutturazione edilizia?
Demolizione e ricostruzione di edifici crollati: la ristrutturazione edilizia secondo il Consiglio di Stato
A queste domande ha risposto il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2857 del 3 aprile 2025, che interviene con chiarezza su una delle questioni più controverse in materia edilizia: la distinzione tra ristrutturazione e nuova costruzione nei casi di ricostruzione di immobili crollati.
Una sentenza che, ancora una volta, dimostra quanto sia urgente e necessario un intervento organico di riforma del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia). La definizione di “ristrutturazione edilizia”, contenuta nell’art. 3, comma 1, lett. d), è forse uno degli esempi più evidenti delle difficoltà che il legislatore incontra nel semplificare realmente il quadro normativo. Dopo numerose modifiche – a partire dal D.Lgs. n. 301/2002 fino al D.L. n. 69/2013, passando per gli interventi del 2020 e del 2022 – il risultato è un testo che non solo non ha chiarito la distinzione tra le diverse categorie di interventi, ma ha finito per sovrapporle e renderne spesso incerta l’applicazione.
Le conseguenze operative di questa confusione ricadono su tecnici, amministrazioni e cittadini, che si trovano quotidianamente ad affrontare incertezze interpretative e prassi disomogenee. Eppure la ristrutturazione edilizia, soprattutto nella sua forma di demolizione e ricostruzione, è oggi uno degli strumenti principali per la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente. Proprio per questo, occorrerebbe una definizione chiara, stabile e coerente, capace di guidare l’interprete e garantire certezza del diritto.
Il nuovo intervento del Consiglio di Stato contribuisce a ricostruire un quadro più logico e sistematico, che però non può sostituirsi a un intervento legislativo che – auspicabilmente – dovrebbe riscrivere l’intero impianto definitorio dell’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001, superando l’attuale frammentazione normativa.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 3 aprile 2025, n. 2857IL NOTIZIOMETRO