Equo compenso per Architetti e Ingegneri: nessun contrasto con le norme Europee

Anche il TAR Lazio esclude il disallineamento tra la Legge n. 49/2023 sull’equo compenso e il D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti) o contrasto con le norme Europee

di Gianluca Oreto - 03/05/2024

Nessun contrasto con il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)

Il TAR Lazio conferma che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente (che ha contestato la sua esclusione dalla gara per aver presentato un ribasso), non vi è alcun contrasto tra le disposizioni di cui alla Legge n. 49/2023 e la libertà di stabilimento (art. 49 TFUE) o il “diritto di prestare servizi in regime di concorrenzialità” (artt. 101 TFUE e 15 direttiva 2006/123/CE), né “ontologica incompatibilità” tra la stessa legge e la disciplina di cui al d.lgs. n. 36 del 2023.

Con riferimento all’asserita incompatibilità della disciplina dell’equo compenso con il diritto eurounitario, in giurisprudenza si è già condivisibilmente affermato come la prima “non sia in grado di pregiudicare l’accesso, in condizioni di concorrenza normali ed efficaci, al mercato italiano da parte di operatori economici di altri Stati dell’Unione Europea […]. Si tratta […] di un rafforzamento delle tutele e dell’interesse alla partecipazione alle gare pubbliche, rispetto alle quali l’operatore economico, sia esso grande, piccolo, italiano o di provenienza UE, è consapevole del fatto che la competizione si sposterà eventualmente su profili accessori del corrispettivo globalmente inteso (ad esempio, […] sulle spese generali) e, ancor di più sul profilo qualitativo e tecnico dell’offerta formulata. […] il meccanismo derivante dall’applicazione della legge n. 49/2023 è tale da garantire sia dei margini di flessibilità e di competizione anche sotto il profilo economico, sia la valorizzazione del profilo qualitativo e del risultato, in piena coerenza con il dettato normativo nazionale e dell’Unione Europea” (tesi sostenuta proprio dal Tar Veneto con la sentenza n. 632/2024).

Stessa conclusione si arriva richiamando:

  • la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea 4 luglio 2019 (causa C-377/17) che non afferma la sussistenza di preclusioni assolute, riconoscendo, viceversa, in capo agli Stati Membri il potere di introdurre tariffe minime per le prestazioni professionali che siano non discriminatorie, necessarie e proporzionate alla realizzazione di un motivo imperativo di interesse generale;
  • la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea 25 gennaio 2024 (causa C-438/22), che ha affermato l’obbligo di rifiutare l’applicazione di una normativa che fissi importi minimi degli onorari degli avvocati.

In quest’ultima pronuncia, infatti, gli importi erano stati determinati dal Consiglio superiore dell’Ordine forense della Bulgaria “in assenza di qualsiasi controllo da parte delle autorità pubbliche e di disposizioni idonee a garantire che esso si comporti quale emanazione della pubblica autorità”. La Corte UE ha cioè ritenuto come tale organismo agisse alla stregua di “un’associazione di imprese, ai sensi dell’articolo 101 TFUE” nel perseguimento di un proprio interesse specifico e settoriale, in un contesto, quindi, del tutto diverso da quello oggetto del presente giudizio, in cui rilevano norme di carattere generale (la l. n. 49/2023 e gli inerenti decreti ministeriali) adottate da autorità pubbliche e, per questo, non sussumibili nell’ambito (soggettivo e oggettivo) di applicazione dell’art. 101 TFUE (rivolto a vietare “tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno”).

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