Equo compenso: cos’è, come si applica e criticità

Guida all’applicazione dell’equo compenso per l’affidamento dei servizi pubblici di architettura e ingegneria ai sensi del nuovo Codice dei contratti

di Gianluca Oreto - 06/09/2024

Equo compenso: cosa prevede la Legge n. 49/2023

Solo 35 giorni la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.Lgs. n. 36/2023 arriva la Legge n. 49/2023 che entra nel dettaglio dell’equo compenso, definendolo (art. 1, comma 1):

“…per equo compenso si intende la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti rispettivamente:
a) per gli avvocati, dal decreto del Ministro della giustizia emanato ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247;
b) per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27;
c) per i professionisti di cui al comma 2 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 2013, n. 4, dal decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e, successivamente, con cadenza biennale, sentite le associazioni iscritte nell’elenco di cui al comma 7 dell’articolo 2 della medesima legge n. 4 del 2013”.

Nel caso dei servizi di ingegneria e architettura, dunque, il “compenso” deve essere conforme al citato Decreto Parametri.

In quale ambito si applica l’equo compenso? A stabilirlo è l’art. 2 della Legge n. 49/2023 che:

  • al comma 1 ne prescrive l’applicazione “ai rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale di cui all’articolo 2230 del codice civile regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative nonché delle loro società controllate, delle loro mandatarie e delle imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro, fermo restando quanto previsto al secondo periodo del comma 3”;
  • al comma 3 (senza alcun rimando alle “prestazione d’opera intellettuale di cui all’articolo 2230 del codice civile”), ne prescrive l’applicazione “alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione”.

L’art. 3 della Legge n. 49 definisce al comma 1 la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, ammettendo che sono tali “le pattuizioni di un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati con decreto ministeriale, o ai parametri determinati con decreto del Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, per la professione forense, o ai parametri fissati con il decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy di cui all’articolo 1, comma 1, lettera   c)  , della presente legge”.

I successivi commi 5 e 6, inoltre, prevedono:

  • comma 5 - La convenzione, il contratto, l’esito della gara, l’affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo che preveda un compenso inferiore ai valori determinati ai sensi del comma 1 possono essere impugnati dal professionista innanzi al tribunale competente per il luogo ove egli ha la residenza o il domicilio, al fine di far valere la nullità della pattuizione e di chiedere la rideterminazione giudiziale del compenso per l’attività professionale prestata.
  • comma 6 - Il tribunale procede alla ridetermina zione secondo i parametri previsti dai decreti ministeriali di cui al comma 1 relativi alle attività svolte dal professionista, tenendo conto dell’opera effettivamente prestata e chiedendo, se necessario, al professionista di acquisire dall’ordine o dal collegio a cui è iscritto il parere sulla congruità del compenso o degli onorari, che costituisce elemento di prova sulle caratteristiche, sull’urgenza e sul pregio dell’attività prestata, sull’importanza, sulla natura, sulla difficoltà e sul valore dell’affare, sulle condizioni soggettive del cliente, sui risultati conseguiti, sul numero e sulla complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate. In tale procedimento il giudice può avvalersi della consulenza tecnica, ove sia indispensabile ai fini del giudizio.

Da evidenziare l’art. 12 della Legge n. 49/2023 che a decorrere dalla sua data di entrata in vigore ha previsto l’abrogazione:

  • dell’art. 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247;
  • l’art. 19-quaterdecies del Decreto-Legge 16 ottobre 2017, n. 148;
  • della lettera a), comma 1, dell’art. 2 del Decreto-Legge 4 luglio 2006, n. 223.

Ricordiamo che quest’ultimo punto di fatto elimina il divieto dei minimi tariffari che era stato introdotto dal Decreto Bersani (il D.L. n. 223/2006).

Conclusioni 2. Considerato che i minimi tariffari non violano alcuna direttiva Europea (come dimostrato dalla sentenza della CGUE 4 luglio 2019, C-377/17), dalla lettura delle suddette disposizioni si evince che:

  • le prestazioni professionali (a prescindere dal riferimento al Codice Civile) rese nei confronti della pubblica amministrazione devono rispettare l’equo compenso;
  • per i servizi di architettura e di ingegneria l’equo compenso è quello calcolato dal Decreto Parametri.
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