Fotovoltaico e cappotto in zona vincolata: serve l’autorizzazione paesaggistica?
Nuova interessante sentenza sull'installazione di impianti in aree sottoposte a tutela paesaggistica. Difficile che le Amministrazioni possano dire di no
Liberalizzazione impianti fotovoltaici: quali sono interessati
Sotto il profilo della materia, infatti, la disposizione riguarda tutti i beni soggetti a vincolo paesaggistico, con la sola eccezione dei vincoli di fonte provvedimentale fondati sull’art. 136, comma 1, lett. b) e c), d.lgs. 42/2004, concernenti rispettivamente “le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza”, e “i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici”. Per l’immobile della ricorrente viene in rilievo invece il vincolo ex lege di cui all’art. 142, comma 1, lett. f, d.lgs. 42/2004, concernente “i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi”, che non rientra nella suddetta eccezione, e dunque è assoggettato alla regola di cui all’art. 7 bis, comma 5, d.lgs. 28/2011.
Sotto il profilo temporale, l’art. 7 bis, comma 5, d.lgs. 28/2011 è stato introdotto dal D.L. n. 17/2022, poi convertito in legge 34/2022. La ricorrente ha presentato l’istanza di autorizzazione paesaggistica dunque poche settimane prima che sopravvenisse la nuova norma; tuttavia la Commissione per il paesaggio e la Soprintendenza hanno emesso tutti gli atti dopo l’entrata in vigore della nuova norma.
Secondo giurisprudenza consolidata, “Nei procedimenti amministrativi la corretta applicazione del principio tempus regit actum comporta che la pubblica amministrazione deve considerare anche le modifiche normative intervenute durante il procedimento, non potendo considerare l'assetto normativo cristallizzato in via definitiva alla data dell'atto che vi ha dato avvio; ne consegue che la legittimità del provvedimento adottato al termine di un procedimento avviato a istanza di parte deve essere valutata con riferimento alla disciplina vigente al tempo in cui è stato adottato il provvedimento finale, e non al tempo della presentazione della domanda da parte del privato”.
Ne consegue che, per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico, non occorreva alcuna autorizzazione paesaggistica, e pertanto, in sede di rilascio di tale provvedimento per le altre opere che formavano oggetto dell’intervento edilizio progettato dalla ricorrente, non poteva essere adottata una prescrizione che vietasse l’installazione di quell’impianto.
Peraltro, anche sulla base della disciplina vigente prima di quella sopravvenienza normativa, il divieto di realizzazione dell’impianto fotovoltaico, imposto alla ricorrente, sarebbe stato illegittimo.
Infatti, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, poiché la produzione di energia con fonti rinnovabili costituisce un obiettivo di interesse nazionale conforme al diritto europeo (direttive 2001/77/CE, 2009/28/CE e, da ultimo, 2018/2001/UE), “le motivazioni dell'eventuale diniego (seppur parziale) di autorizzazione paesaggistica alla realizzazione di un impianto di produzione di energia da fonte rinnovabile devono essere particolarmente stringenti, non potendo a tal fine ritenersi sufficiente che l'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico rilevi una generica minor fruibilità del paesaggio sotto il profilo del decremento della sua dimensione estetica.
Ogni nuova opera d'altronde ha una qualche incidenza sul paesaggio (che è costituito, secondo una delle definizioni più appropriate, dalla interazione tra le opere dell'uomo e la natura), di tal che il giudizio di compatibilità paesaggistica non può limitarsi a rilevare l'oggettività del novum sul paesaggio preesistente, posto che in tal modo ogni nuova opera, in quanto corpo estraneo rispetto al preesistente quadro paesaggistico, sarebbe di per sé non autorizzabile.
Tali considerazioni impongono una più severa comparazione tra i diversi interessi coinvolti nel rilascio dei titoli abilitativi - ivi compreso quello paesaggistico - alla realizzazione … di un impianto di energia elettrica da fonte rinnovabile (nella specie da fonte solare). Tale comparazione, infatti, nei casi in cui l'opera progettata dal privato ha una espressa qualificazione legale in termini di opera di pubblica utilità, non può ridursi all'esame della ordinaria contrapposizione interesse pubblico/interesse privato, che connota generalmente il tema della compatibilità paesaggistica negli ordinari interventi edilizi, ma impone una valutazione più analitica che si faccia carico di esaminare la complessità degli interessi coinvolti: la produzione di energia elettrica da fonte solare è essa stessa attività che contribuisce, sia pur indirettamente, alla salvaguardia dei valori paesaggistici”.
A questi principi non si sono conformate nel caso di specie la Soprintendenza e la Commissione per il paesaggio con una motivazione, stringata e generica. Non è stata nemmeno indagata la possibilità di prescrivere l’adozione di misure di mitigazione, oggi comunemente in uso nel settore, per consentire un’adeguata integrazione dell’impianto fotovoltaico nella copertura dell’edificio senza rilevanti impatti sul contesto paesaggistico.
È pertanto evidente l’illegittimità della prescrizione che vietava l’installazione dell’impianto fotovoltaico.
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