Il lungo addio del Superbonus
Il lento e inesorabile arresto del superbonus tra una normativa schizofrenica e le problematiche connesse
Nato in un momento storico molto particolare (la pandemia da Covid-19), il Decreto Legge n. 34/2020 (il Decreto Rilancio) è stato uno dei provvedimenti d’emergenza che più di tutti ha provato ad intervenire per risollevare le sorti di un Paese in crisi sanitaria, economica e sociale.
Tra le misure di “rilancio” quella che ha avuto l’impatto maggiore sul sistema Italia è stato certamente il superbonus di cui all’art. 119, che nella sua iniziale versione ha previsto una detrazione fiscale del 110% per intervenire sugli edifici esistenti riqualificandoli dal punto di vista energetico e strutturale. Un progetto che è stato alimentato dal successivo art. 121, mediante il quale è stato deciso di concedere un meccanismo alternativo alla detrazione diretta (sconto in fattura e cessione del credito).
Superbonus e opzioni alternative
Un binomio (superbonus-opzioni alternative) che ha dimostrato immediatamente la sua fragilità, tanto da costringere i 3 Governi ad emanare ben 38 correttivi che inizialmente hanno provato a colmare qualche vuoto/errore di formulazione normativa e poi a stravolgerne la filosofia stessa che aveva ispirato il primo legislatore.
Senza entrare nel merito di una discussione che dopo oltre 4 anni non riesce a mettere d’accordo nessuno (soprattutto su aspetti positivi e negativi), ciò su cui mi voglio concentrare in questo approfondimento è:
- l’assenza di visione e di unità d’intenti da parte della politica;
- l’incapacità di risolvere gli evidenti problemi connessi alla “coda” di questa detrazione fiscale.
La storia del superbonus va analizzata nei suoi 3 momenti suddivisi in 2 legislature:
- XVIII Legislatura:
- Governo Conte II - dal 5 settembre 2019 al 13 febbraio 2021;
- Governo Draghi - dal 13 febbraio 2021 al 22 ottobre 2022;
- XIX Legislatura
- Governo Meloni - dal 22 ottobre 2022 e attualmente in carica.
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