Ordine di demolizione e condono pendente: necessario provare che si tratti della stessa opera
Il provvedimento sanzionatorio è pienamente legittimo se non si riscontra una piena sovrapponibilità con il manufatto oggetto dell'istanza di sanatoria
La realizzazione di un manufatto su un terrazzo pertinenziale va qualificata come intervento di ristrutturazione, abusiva qualora effettuato senza il necessario titolo edilizio.
Non solo: il relativo ordine di demolizione, pur se non motivato nel dettaglio, è pienamente legittimo, non potendo l’Amministrazione esprimersi in maniera diversa, anche se l’abuso è stato commesso da un altro soggetto che non sia l’attuale proprietario e pure in presenza di istanza di condono, se non si prova che si tratti della stessa opera.
Veranda abusiva: il TAR su ordine di demolizione e istanza di condono
Sono questi, in sintesi, i punti cardine della sentenza del TAR Lazio del 2 dicembre 2024, n. 21651, con cui ha respinto il ricorso contro per l’annullamento dell’ordine di rimozione o demolizione di una veranda con cui era stato chiuso il terrazzo pertinenziale di un appartamento, a cui era stata data la destinazione di salone.
Preliminarmente, il TAR ha evidenziato come il provvedimento contenesse una espressa e chiara qualificazione dell’abuso, ricondotto alla categoria della ristrutturazione edilizia realizzata senza titolo.
In particolare, la chiusura del terrazzo pertinenziale dell’appartamento, ha determinato un inequivocabile aumento di superficie utile residenziale ed aumento di volumetria mediante ampliamento dell’appartamento, escludendo che l’opera potesse essere qualificata come meramente pertinenziale ed inidonea a creare aumento di volumetria, per come sostenuto da parte ricorrente.
Si tratta di un’opera che, in considerazione della tipologia costruttiva, integra un nuovo organismo edilizio, idoneo a determinare una trasformazione permanente del territorio e che assume, quindi, rilevanza edilizia e urbanistica, avente rilievo funzionale rispetto all’unità immobiliare cui accede di cui determina aumento di superficie, con modifica dell’area, incidendo sulle caratteristiche dell’immobile.
La struttura non può essere ricondotta a mera pertinenza, in quanto gli elementi di chiusura del terrazzo – con struttura in legno coperto da tavolato, guaine e tegole, tamponato in parte in muratura e in parte con finestrature in alluminio e vetri, accorpata all’appartamento ed avente destinazione a salone – determina un aumento di superficie utile residenziale.
Si tratta di un’opera che ha determinato una permanente trasformazione del territorio, aumentando la superficie utile, motivo per cui è stata correttamente qualificata come ristrutturazione edilizia necessitante di titolo edilizio.
Sul punto, ricorda il TAR, sulla base di un orientamento consolidato nella giurisprudenza amministrativa, la qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici, ma non anche ad opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tali, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica.
Deve, quindi, escludersi tale qualificazione con riferimento ad opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera c.d. principale e non siano coessenziali alla stessa, come nel caso in esame, dove viene in rilievo la realizzazione di un ampliamento, realizzato in aderenza al manufatto principale mediante chiusura del terrazzo pertinenziale, comunicante con il manufatto principale, trattandosi quindi di una edificazione con aumento di superficie utile e suscettibile di autonoma utilizzazione, come dimostra la stessa conformazione funzionale dell’ampliamento.
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