Ordine di demolizione e condono pendente: necessario provare che si tratti della stessa opera

Il provvedimento sanzionatorio è pienamente legittimo se non si riscontra una piena sovrapponibilità con il manufatto oggetto dell'istanza di sanatoria

di Redazione tecnica - 05/12/2024

Ordine di demolizione: è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento?

Inoltre con riferimento alla materia degli illeciti edilizi, per costante giurisprudenza, l'esercizio del potere repressivo costituisce attività vincolata della pubblica amministrazione, non assistita da particolari garanzie partecipative e, pertanto, i relativi provvedimenti, quali l'ordinanza di demolizione, costituiscono atti doverosi per la cui adozione non è necessario l'invio di comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell'atto, i quali nessuna utilità potrebbero arrecare ai fini della determinazione finale del contenuto del provvedimento.

Ne risulta l’irrilevanza di profili procedimentali che avrebbero precluso una effettiva partecipazione degli interessati al procedimento in quanto, costituendo l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi attività vincolata della pubblica amministrazione, ai fini dell'adozione dell'ordine di demolizione, non è necessario l'invio della comunicazione di avvio del procedimento, non potendosi in ogni caso pervenire all'annullamento dell'atto alla stregua dell'art. 21-octies della L. n. 241 del 1990.

La comunicazione di avvio del procedimento deve, quindi, ritenersi superflua ai fini dell'adozione degli atti di repressione degli illeciti edilizi, venendo in rilievo procedimenti tipizzati, in quanto compiutamente disciplinati dalla legge speciale e caratterizzati dal compimento di meri accertamenti tecnici sulla consistenza e sul carattere abusivo delle opere realizzate, che non richiedono alcun apporto partecipativo del destinatario.

L'ordine di demolizione conseguente all'accertamento della natura abusiva delle opere edilizie, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, in quanto atto dovuto non deve quindi essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di una misura sanzionatoria per l'accertamento dell'inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato dalla legge, che si basa su un presupposto di fatto, ossia l'abuso, di cui parte ricorrente deve essere ragionevolmente a conoscenza, rientrando nella propria sfera di controllo.

Peraltro, non può dubitarsi dell'operatività, in tali casi, dell'art. 21-octies, comma 2, secondo periodo, della legge n. 241 del 1990, a mente del quale il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento quando si tratta di provvedimenti vincolati.

Ciò anche alla luce delle modifiche apportate all’articolato per effetto dell’art.12, comma 1, lett. d) del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito in legge 11 settembre 2020, n. 120 e della sua valenza processuale che ne comporta l’applicabilità ai giudizi in corso: esso ha inserito, a conclusione del comma 2 dell’art. 21 octies cit., un limite all’applicazione della regola secondo cui “Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”, specificando che tale previsione “non si applica al provvedimento adottato in violazione dell'articolo 10 bis”.

Tale novella, di cui all’art. 12, comma 1, lett. d) del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, opera solamente in relazione ai provvedimenti discrezionali, essendo solo questi gli atti in relazione ai quali è ammessa la prova, da parte dell’Amministrazione, dell’irrilevanza della violazione delle garanzie procedimentali, posto che agli atti vincolati continua a trovare applicazione la più rigorosa disciplina di cui al comma 1 dell’art. 21 octies della legge n. 241/90, secondo cui “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

 

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