Il payback per i dispositivi medici supera il vaglio della consulta
La normativa, il contenzioso, le pronunce della Corte Costituzionale e le prospettive future sul payback per i dispositivi medici
Il contenzioso sul “payback”
Le richieste di pagamento del “payback” hanno messo in grave difficoltà le piccole e medie imprese fornitrici dei dispositivi medici, che hanno quindi impugnato:
- i provvedimenti con cui sono stati stabiliti a livello nazionale e regionale, per le annualità 2015-2018, i tetti di spesa per l’acquisto dei dispositivi medici;
- nonché i provvedimenti regionali attuativi dell’art. 9-ter del d.l. n. 78 del 2015, adottati per procedere al ripiano dello sforamento del tetto di spesa a carico delle aziende fornitrici.
A seguito di tali impugnazioni, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza quater, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9-ter del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78.
In particolare, il Tar ha indicato come censurabile il sistema del “payback” per contrasto con l’art. 41 Cost., per la irragionevolezza del sistema così ideato tale da comprimere eccessivamente la libera attività imprenditoriale delle aziende coinvolte. Queste, infatti, sono chiamate ex lege a restituire somme ricavate dalla vendita dei dispositivi medici, nonostante il relativo prezzo sia stato fissato all’esito di gare pubbliche governate dai criteri di serietà e di sostenibilità dell’offerta. La misura così imposta sarebbe dunque incongrua, in quanto priva di un ragionevole e proporzionato bilanciamento tra il diritto di iniziativa economica privata e l’utilità sociale, avuto anche riguardo alla ritardata fissazione del tetto di spesa annua regionale, intervenuta con Decreto del Ministero della Salute solo nel 2022, quando cioè il periodo di riferimento (annualità dal 2015 al 2018) era da tempo decorso.
Le disposizioni censurate non avrebbero consentito di conoscere alle imprese fornitrici, in sede di gara, la prestazione economica loro richiesta, non essendo stati previamente determinati né il tetto regionale di spesa né le relative modalità di calcolo, con conseguente «incertezza del sinallagma contrattuale».
L’incongruità della misura deriverebbe anche dalla circostanza che l’entità del riparto è calcolato in proporzione ai fatturati degli operatori economici, senza considerare che il fatturato aziendale coincide con i ricavi e non con il guadagno effettivo del fornitore e, come tale, non può ritenersi espressione della effettiva capacità contributiva degli operatori.
Sono state poi evidenziate le conseguenti difficoltà economiche delle imprese, soprattutto piccole e medie, che potrebbero determinarne la chiusura e il fallimento, con il rischio di blocco delle forniture ospedaliere.
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