Sanare gli abusi edilizi: la doppia conformità simmetrica e asimmetrica

Il Decreto Salva Casa ha modificato la disciplina che regola la sanatoria degli abusi edilizi. Vediamo cosa cambia con la nuova versione del Testo Unico Edilizia

di Gianluca Oreto - 17/09/2024

Casi particolari

A questo punto, prima di passare alle ordinarie procedure di sanatoria di cui agli artt. 36 e 36-bis del TUE, è necessario verificare se non si ricada in uno dei “casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo” di cui al precedente art. 34-ter inserito nel Testo Unico Edilizia dal Decreto Salva Casa.

In questo articolo vengono contemplate due casistiche “particolari”:

  • gli interventi realizzati come varianti in corso d'opera che costituiscono parziale difformità dal titolo rilasciato prima della data di entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (ovvero il 30 gennaio 1977);
  • le parziali difformità, realizzate durante l'esecuzione dei lavori oggetto di un titolo abilitativo, accertate all'esito di sopralluogo o ispezione dai funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia, rispetto alle quali non sia seguito un ordine di demolizione o di riduzione in pristino e sia stata rilasciata la certificazione di abitabilità o di agibilità nelle forme previste dalla legge, non annullabile ai sensi dell'articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Nel primo caso, una volta appurato che non si rientra nelle tolleranze di cui all’art. 34-bis del TUE, la difformità può essere regolarizzata:

  1. dimostrando la data di realizzazione dell’intervento, utilizzando la stessa documentazione prevista per l’attestazione dello stato legittimo (art. 9-bis, comma 1-bis, TUE);
  2. presentando una SCIA;
  3. pagando la sanzione prevista all’art. 36-bis, comma 5, del TUE.

Relativamente alla sanzione, per gli stessi interventi eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica resta fermo quanto previsto all'art. 36-bis, comma 5-bis, del TUE che dispone:

Nelle ipotesi di cui al comma 4, qualora sia accertata la compatibilità paesaggistica, si applica altresì una sanzione determinata previa perizia di stima ed equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione; in caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui all’articolo 167, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

Si ricorda che pur rispettando le condizioni previste, resta all’amministrazione competente, entro 60 giorni dal ricevimento della SCIA, la possibilità di adottare motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. Questo “nel caso in cui accerti l'interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione delle opere”.

Nel secondo caso, infine, la difformità è soggetta alla stessa disciplina prevista per le tolleranze di cui all’art. 34-bis del TUE.

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