Sanatoria semplificata e autorizzazione paesaggistica: interviene il MiC

Una circolare del Ministero della Cultura chiarisce il rapporto tra la nuova sanatoria semplificata inserita dal Salva Casa e i principi del Codice dei beni culturali e del paesaggio

di Gianluca Oreto - 08/04/2025

Conclusioni e criticità

Alla luce della circolare, emergono alcune indicazioni operative chiare:

  • gli interventi in parziale difformità o con variazione essenziale indicati all’art. 36-bis possono essere sanati anche se hanno comportato incremento di superfici/volumi, purché conformi alla disciplina edilizia/urbanistica (doppia conformità “asimmetrica”) e se ottengono il parere vincolante della Soprintendenza;
  • il silenzio-assenso scatta dopo 90 giorni dal parere della Soprintendenza e, in ogni caso, entro 180 giorni dalla domanda;
  • le Soprintendenze devono riorganizzare i procedimenti per evitare l’automatismo del silenzio-assenso;
  • al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dal comma 1 dell’art. 36-bis, resta fermo l’art. 167 del Codice e l’impossibilità di sanare incrementi volumetrici.

La circolare cerca di dare coerenza a un sistema normativo sempre più stratificato, ma non può nascondere le difficoltà interpretative e applicative che si porranno sul campo.

In particolare:

  • il principio di specialità tra CBCP e TUE non viene risolto definitivamente e la scelta di non modificare il Codice lascia spazio a futuri contenziosi;
  • il ricorso al silenzio-assenso su una materia di tutela costituzionale, come il paesaggio, appare giuridicamente delicato e politicamente rischioso;
  • per i tecnici, si apre un fronte nuovo: potranno proporre sanatorie anche per volumi, ma dovranno gestire una relazione sempre più complessa con le Soprintendenze, senza la certezza del diritto che servirebbe.

In conclusione, l’art. 36-bis del TUE segna una svolta importante nel rapporto tra edilizia e paesaggio, ma rischia di compromettere proprio quei valori di tutela che dovrebbe rafforzare. Il legislatore ha scelto la strada della semplificazione, ma senza un vero coordinamento tra i diversi corpi normativi, il pericolo è che si apra un varco alla legittimazione sistematica dell’abuso.

Oggi più che mai servirebbe una riforma organica della normativa edilizia e urbanistica, capace di ricondurre a sistema le deroghe e le eccezioni. Serve l’aggiornamento del DM Sanità, ormai obsoleto rispetto alle esigenze dell’edilizia contemporanea. Servono risposte strutturali, non l’ennesimo provvedimento emergenziale, battezzato con nomi ricorrenti – “Semplificazioni”, “Salva questo”, “Salva quello” – che continuano ad aumentare gli oneri interpretativi per chi opera sul campo.

Il rischio concreto è che, mentre si rincorre l’abuso con strumenti sempre più permissivi, si abbandonino la coerenza normativa e la certezza del diritto, lasciando ai tecnici il compito di orientarsi con una mappa sempre più sfilacciata e priva di bussola.

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