SCIA e potere di autotutela oltre i 30 giorni: i limiti secondo il TAR

Il TAR chiarisce quando l’Amministrazione può evitare l’annullamento d’ufficio di una SCIA consolidata, in assenza di un interesse pubblico attuale e concreto

di Gianluca Oreto - 26/03/2025

Il caso

Nel caso di specie, il contenzioso trae origine da un intervento edilizio di recupero abitativo di un sottotetto, realizzato dalla proprietaria dell’ultimo piano mediante SCIA e successiva variante. Alcuni condomini lamentavano irregolarità nelle altezze di colmo e di gronda, sostenendo che l’intervento violasse il RUE comunale e fosse privo di valido titolo.

A seguito di un precedente contenzioso, il TAR aveva già dichiarato l’illegittimità delle SCIA “in parte qua”, imponendo al Comune una valutazione esplicita sull’eventuale annullamento d’ufficio ex art. 21-nonies. Il Comune, dopo un'istruttoria dettagliata, ha però concluso per la non sussistenza di un interesse pubblico ulteriore, decidendo di non rimuovere gli effetti della SCIA ormai perfezionata.

Secondo il Comune, non vi sarebbe alcun automatismo tra il rilievo di un abuso, successivo al perfezionamento della SCIA, e l’adozione in via di autotutela di misure ripristinatorie, automatismo che contraddirebbe il meccanismo dell’art. 19, comma 4, della Legge n. 241/1990, ossia l’esercizio dei poteri repressivi solo “in presenza delle condizioni previste dall'articolo 21-nonies”, perché altrimenti vi sarebbe sempre e comunque l’attivazione dell’autotutela senza margini per opinare diversamente.

Interessante è l’analisi condotta dal Comune secondo il quale l’aumento di altezza dell’edificio era dovuto all’apposizione di un cordolo sommitale, elemento strutturale con funzione antisismica che non crea volume utile e, per normativa tecnica, non è computato ai fini delle altezze. Sebbene all’epoca dell’intervento vi fosse un contrasto con il vecchio RUE, oggi l’intervento è perfettamente conforme al vigente Regolamento, che consente esplicitamente modifiche in altezza per il recupero dei sottotetti. Inoltre, secondo la difesa del Comune, la rimozione del cordolo avrebbe comportato un pregiudizio sproporzionato per la proprietà, senza reali benefici per l’interesse pubblico.

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