SCIA, sospensione lavori e demolizioni tardive: interviene il Consiglio di Stato

Il provvedimento di sospensione dei lavori perde efficacia una volta decorso il termine di cui all’art. 27, comma 3, d.P.R. n. 380/2001 senza l’adozione del provvedimento definitivo

di Redazione tecnica - 11/03/2025

I rilievi del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato, confermando la tesi dei giudici di primo grado, ha ribadito che la SCIA, una volta consolidata per il mancato esercizio del potere inibitorio nei termini di legge, produce effetti definitivi, rendendo illegittimo qualsiasi provvedimento repressivo tardivo (ricordiamo che residua sempre l’annullamento d’ufficio per falsa rappresentazione dei fatti o dichiarazioni mendaci di cui all’art. 21-nonies, comma 2-bis, Legge n. 241/1990).

Uno degli aspetti centrali della sentenza riguarda la distinzione tra sospensione dei lavori e inibizione della SCIA.

L’amministrazione, nel 2021, aveva emesso un ordine di sospensione dei lavori, rimasto però privo di seguito. Secondo il Consiglio di Stato, questo provvedimento, avendo natura cautelare e temporanea, perde efficacia una volta decorso il termine di 45 giorni (art. 27, comma 3, TUE) senza che venga adottato un provvedimento definitivo.

In altre parole: non basta sospendere un’attività edilizia, occorre poi adottare un atto che confermi il divieto di prosecuzione. Se ciò non avviene nei tempi previsti, la SCIA si consolida e l’intervento diventa legittimo.

La sentenza evidenzia, inoltre, anche le carenze istruttorie del Comune, che non ha ottemperato agli obblighi documentali imposti dal giudice amministrativo e ha prodotto atti contraddittori, riportando persino numeri di protocollo inesistenti. Una condotta che il Consiglio di Stato ha stigmatizzato, disponendo la trasmissione della sentenza alla Procura regionale della Corte dei conti per valutare eventuali profili di responsabilità contabile.

La decisione del Consiglio di Stato rappresenta un importante richiamo alla corretta gestione del potere inibitorio in edilizia. I punti chiave della sentenza sono chiari:

  • un ordine di sospensione non basta: se non seguito da un atto definitivo, perde efficacia e non può giustificare una demolizione tardiva;
  • l’inefficienza amministrativa ha un costo: il Comune, oltre a perdere il contenzioso, dovrà rispondere del proprio operato dinanzi alla Corte dei conti.

Sul consolidamento della SCIA, invece, ricordiamo che la partita è sempre aperta nell’attesa che arrivi una seria riforma del Testo Unico Edilizia.

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