Servizi tecnici: da equo compenso a equo ribasso

Il Consiglio di Stato prende posizione sulla ribassabilità dei compensi professionali e non rileva alcuna antinomia tra equo compenso e disciplina dei contratti pubblici

di Redazione tecnica - 28/01/2025

Da equo compenso a equo ribasso

Con questa ricostruzione, per il Consiglio si dissolve ogni dubbio su una possibile antinomia tra la disciplina sui contratti pubblici e quella sopravvenuta sull’equo compenso, la cui sfera di applicabilità è peraltro dichiaratamente estesa alle “prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica” (art. 2, co. 2 legge n. 49/2023).

Nello specifico, la nozione di equo compenso applicabile alla contrattualistica pubblica deve essere riformulata più perspicuamente in termini di equo ribasso, frutto dell’esegesi coordinata tra corrispettivo equo e proporzionato posto a base di gara e minimum inderogabile evincibile dal range di flessibilità del compenso liquidabile in ragione della complessità della prestazione dedotta nell’affidamento.

Del resto, la contrapposta tesi del valore fisso e inderogabile dell’equo compenso per i professionisti negli appalti per i servizi di architettura e ingegneria incontrerebbe, di contro, una pluralità di rilievi critici:

  • anche nell’ordito del nuovo codice dei contratti pubblici il richiamo operato dall’art. 8 d.lgs. 36/2023 evoca solo il “principio” dell’equo compenso, non postulando dunque una individuazione univoca e rigida, tanto da ammettere, sia pur eccezionalmente, ipotesi derogatorie di prestazioni pro bono;
  • l’innesto rigido ope legis di un valore univoco e predeterminabile di equo compenso – all’infuori di deliberate opzioni discrezionali della lex specialis volte a circoscrivere la concorrenza su altri aspetti ex art. 108, co. 5 d.lgs. 36/2023 – mortificherebbe la ratio proconcorrenziale che permea la contrattualistica pubblica, relegando il confronto competitivo ad uno spazio sostanzialmente virtuale sulle voci per spese e oneri accessori (che, nel caso di specie, ammontano solo al 14% del valore di ciascun lotto in gara);
  • tale rigidità colliderebbe con i canoni di necessità e proporzionalità dettati dalla Direttiva 2006/123/CE (art. 15) per la sottoposizione dell’esercizio di un’attività o servizio a requisiti limitativi tra cui, per l’appunto, “tariffe obbligatorie minime e/o massime che il prestatore deve rispettare”.
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