Stato legittimo, cambio di destinazione d’uso e autorizzazione paesaggistica: interviene il Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato chiarisce le modalità di definizione dello stato legittimo nel caso di assenza del titolo edilizio integrale originario e la legittimità di un cambio di destinazione d’uso in sanatoria

di Gianluca Oreto - 19/09/2024

Cambio di destinazione d’uso in sanatoria e compatibilità paesaggistica

In riferimento al secondo motivo, il Consiglio di Stato ha ricordato che l’art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) consente l’accertamento “a posteriori” della compatibilità paesaggistica di un intervento (per il quale, secondo la regola generale dettata dall’art. 146 del medesimo D.Lgs., l’autorizzazione paesaggistica deve essere chiesta prima dell’esecuzione), limitandolo a casi eccezionali, consistenti nei “abusi minori” specificati dal comma 4 a mente del quale:

L'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:
a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380
”.

È a tal fine necessario che i lavori “non abbiano determinato creazione di superfici utili”. Come specificato dalla giurisprudenza, il concetto di “superficie utile”, non essendo definito dal codice dei beni culturali e del paesaggio, deve essere definito facendo riferimento al significato tecnico-giuridico che ha in materia urbanistico-edilizia.

Sul punto, il Consiglio di Stato ha richiamato la definizione contenuta nello schema di Regolamento edilizio tipo, secondo cui per “superficie utile” s’intende la «superficie di pavimento degli spazi di un edificio misurata al netto della superficie accessoria», la quale, a sua volta, comprende gli spazi di un edificio «aventi carattere di servizio», tra cui sono espressamente inclusi «le cantine poste al piano interrato, seminterrato o al primo piano fuori terra» e «i depositi».

Sebbene, infatti, anche la Corte costituzionale ne abbia chiaramente negato la natura di fonte regolamentare statale, che come tale sarebbe invasiva della potestà riconosciuta alle Regioni nelle materie di legislazione concorrente, riconoscendole piuttosto una mera funzione di raccordo e coordinamento meramente tecnico e redazionale (Corte cost., sent. n. 125 del 2017), in assenza di indicazioni alternative, anche da parte del legislatore primario, in ambiti specifici, quali quello paesaggistico, non può non accedersi a tali chiare indicazioni definitorie.

La definizione di superficie accessoria così ricostruita si attaglia alla fattispecie in esame anche alla luce delle sue peculiarità, poiché vero è che l’intervento riguarda la sola modifica di destinazione d’uso di locali già esistenti, senza aumento della superficie e della volumetria “geometriche”, ma esso è comunque tale da determinare un sicuro impatto urbanistico, anche perché comporta che gli spazi che ne sono oggetto vengano funzionalmente disgiunti da quelli soprastanti, aventi destinazione residenziale.

Nel caso di specie, dunque, la Soprintendenza ha rilasciato un parere favorevole sul presupposto che non vi sia stato aumento di superficie intesa come «grandezza geometrica», mentre avrebbe dovuto valutare l’incremento della “superficie utile” determinato dal passaggio di una cantina-deposito, oltretutto a servizio di un’abitazione, in un bar tabacchi.

Come osservato in giurisprudenza, infatti, «nel caso della superficie, anche un intervento realizzato in invarianza (ma che abbia modificato la composizione relativa della superficie e la sua concreta utilizzabilità) può esulare dall’ambito di quelli di carattere “minore”».

Il cambio di destinazione di locali già utilizzati quali cantina e deposito in laboratorio per la preparazione di alimenti, sala con angolo bar-tabacchi e servizi igienici con antibagno comporta infatti la trasformazione di superficie accessoria in superficie utile, con aumento di quest’ultima e, di conseguenza, la realizzazione dell’intervento in assenza dell’autorizzazione paesaggistica non può essere sanato a posteriori.

Proprio per questo motivo, in riforma della sentenza di primo grado, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello.

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