Stato legittimo e legittimità dell’intervento: due concetti da non confondere
Guida alle differenze formali e sostanziali tra stato legittimo dell’immobili e legittimità edilizia-urbanistica dell’intervento
Legittimità dell’intervento
Con "legittimità dell’intervento" si intende la conformità dell’opera progettata rispetto alla normativa urbanistica, edilizia, tecnica, igienico-sanitaria, ambientale e paesaggistica vigente al momento della presentazione del titolo.
Diversamente dallo stato legittimo, la legittimità dell’intervento è un concetto multilivello che implica:
- la corretta classificazione dell’intervento (art. 3 TUE);
- la scelta adeguata del titolo edilizio (CILA, SCIA, PdC, ecc.);
- la verifica della conformità a piani e vincoli;
- la responsabilità tecnica dell’asseverazione.
È una legittimità “dinamica”, che riguarda il progetto e la sua ammissibilità secondo le regole in vigore.
Come anticipato nel precedente paragrafo, l’avvio di qualsiasi intervento edilizio legittimamente progettato deve avere come presupposto lo stato legittimo.
Ciò significa che per avviare un intervento, il professionista deve accertarsi della piena conformità dello stato di fatto allo stato legittimo e, in mancanza, verificare le possibilità di conformazione che variano in funzione dell’entità dell’abuso.
Una difformità edilizia può, infatti, essere:
- tolleranza costruttiva (art. 34-bis, TUE);
- un abuso parziale (artt. 33 e 34, TUE);
- una variazione essenziale (art. 32, TUE);
- un abuso totale (art. 31, TUE).
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