Superbonus e Bonus barriere architettoniche: quando lo Stato diventa un nemico
Con la conferma del Decreto Superbonus, si spengono le speranze del comparto edile per una soluzione agli annosi problemi derivanti dal blocco della cessione del credito
Decreto Rilancio: la quarta fase
Prima di entrare nel dettaglio dell’ultimo colpo di spugna deciso da questo Governo sul bonus 75% previsto per l’abbattimento delle barriere architettoniche, è opportuno definire quella che può essere considerata l’ultima fase relativa alla classificazione contabile del superbonus. Aspetto questo poco conosciuto dai non addetti ai lavori ma che fornisce certamente argomenti utili alla discussione.
Chi ha seguito la storia sulla classificazione e riclassificazione dei bonus edilizi, sa che le detrazioni fiscali previste per gli interventi di manutenzione e ristrutturazione degli edifici sono sempre state direttamente vincolate alla capienza fiscale di chi ne beneficia.
Chi avvia un intervento utilizzando una detrazione ha sempre dovuto far bene i conti, per verificare se la detrazione spettante nell’anno potesse essere coperta dalla contribuzione in termini di tasse.
Facendo un esempio pratico. Se per un intervento un contribuente spendeva 100.000 euro utilizzando un bonus del 50% con orizzonte temporale di 10 anni (come il bonus casa ai sensi dell’art. 16 del D.L. n. 63/2013, che scadrà il 31 dicembre 2024), i 50.000 euro di detrazione potevano essere utilizzati a partire dall’anno successivo all’intervento con una quota di 5.000 euro/anno. Chiaramente, per utilizzare questa detrazione di 5.000 euro, il contribuente avrebbe dovuto pagare almeno 5.000 euro di tasse (capienza fiscale), andando così al pari con l’erario.
Nel caso in cui il contribuente era privo di questa “capienza fiscale” o pagava tasse per un importo inferiore, la quota parte di detrazione non utilizzata nell’anno andava persa perché lo Stato non doveva rimborsarla.
Questo sistema era valido per il bonus casa così come per tutte le altre detrazioni in edilizia (superbonus compreso).
Dal punto di vista contabile, questi crediti, ai sensi del SEC 2010 (il sistema europeo dei conti nazionali e regionali), venivano contabilizzati nel Bilancio dello Stato solo quando venivano utilizzati. Riprendendo l’esempio precedente, lo Stato avrebbe contabilizzato 5.000 euro di minori entrate nell’anno di riferimento e solo per la quota effettivamente utilizzata dal contribuente (che come scritto poteva essere inferiore).
Questa tipologia di credito veniva definita “non pagabile”, perché lo Stato non avrebbe dovuto rimborsare la quota non utilizzata dal contribuente (che andava persa). Il credito “non pagabile”, quindi, veniva spalmato nel Bilancio dello Stato con la stessa cadenza del suo utilizzo (quindi nel caso in esame, fino ad un massimo di 5.000 euro/anno per 10 anni).
A inizio 2022, con l'aggiornamento del Manual on Government Deficit and Debt (MGDD), di fatto un manuale operativo e applicativo delle regole fissate dal SEC2010, è stato deciso che sulla classificazione del credito avrebbe dovuto essere presa in considerazione la “probabilità” che lo stessi non vada perso.
Una probabilità che dipenderebbe da 3 caratteristiche:
- la trasferibilità a terzi;
- l'utilizzo differito nel tempo;
- l'utilizzo in compensazione con altri debiti fiscali e contributivi.
Nel caso in cui la probabilità che il credito non vada perso sia alta, lo stesso avrebbe dovuto essere classificato come “pagabile”. Dal punto di vista contabile questo ha degli effetti diretti sul Bilancio dello Stato perché un credito “pagabile”, anche se con utilizzo pluriennale (come i bonus edilizi), va imputato tutto nell’anno in cui viene creato.
Ritornando all’esempio precedente, i 50.000 euro di detrazione avrebbero dovuto essere contabilizzati sul Bilancio dello Stato nell’anno in cui il credito veniva creato (anche se poi negli anni qualche importo poteva andar perso).
Dopo l’aggiornamento del MGDD, arriva a marzo 2022 la decisione di ISTAT per un nuovo trattamento contabile del “Superbonus 110%” e del “Bonus facciate” già a partire dall’anno di stima 2020 (retroattivamente). Dal 2020 (ovvero dal primo anno del meccanismo di cessione di cui all’art. 121 del Decreto Rilancio) questi crediti sono stati classificati come pagabili.
Alla luce della riclassificazione retroattiva dei due bonus, è cambiato anche il rapporto deficit/PIL per gli anni 2020 e 2021, diminuito rispettivamente a -0,2 e -1,8 punti percentuali.
Peccato, però, che contestualmente alla riclassificazione del superbonus siamo già nel pieno del blocco dei crediti edilizi (problema mai affrontato decentemente dal Governo o dal Parlamento).
La conseguenza è, quindi, che da una parte i crediti vengono inseriti subito al Bilancio dello Stato, dall’altra nonostante il meccanismo di cessione gran parte dei crediti restano bloccati nei cassetti fiscali dei contribuenti o delle imprese/professionisti che, non potendo più cederli, ne perderanno quota parte (o tutti in caso di fallimento).
Cosa cambia per il Governo?
Semplicemente si creerà un bel tesoretto (sulle spalle degli italiani) da utilizzare per diversi scopi (come rilevato recentemente dal deputato Del Barba durante la discussione e approvazione del ddl di conversione del D.L. n. 212/2023). Modalità questa che potrebbe condurre verso un intervento dell’OLAF, l’ufficio europeo che indaga sui casi di frode ai danni del bilancio dell'UE e sui casi di corruzione e grave inadempimento degli obblighi professionali all'interno delle istituzioni europee.
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