Testo Unico Edilizia: come sanare gli abusi dopo il Salva Casa

Le possibilità di gestione/sanatoria delle difformità e abusi edilizi dopo la riforma del d.P.R. n. 380/2001 arrivata dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024

di Gianluca Oreto - 30/08/2024

Le procedure di sanatoria

Benché l’art. 31 del TUE preveda come prima alternativa la demolizione degli interventi realizzati in assenza di titolo, in totale difformità o con variazioni essenziali, per questa tipologia di abusi edilizi “maggiori” il legislatore ha deciso di separare le procedure di sanatoria.

Per gli interventi realizzati in assenza di titolo o in totale difformità, è possibile attivare l’accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del TUE, mentre per le variazioni essenziali, come anche per gli interventi in parziale difformità si potrà attivare la nuova procedura “semplificata” di cui al successivo art. 36-bis.

Per gli interventi di ristrutturazione edilizia che costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio (art. 10, comma 1, lettera a), TUE) realizzati in assenza di permesso di costruire o in totale, la norma (art. 33, TUE) prevede la loro rimozione o demolizione in modo da rendere l’edificio conforme alle prescrizioni degli strumenti urbanistico-edilizi.

Nel caso sulla base di motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale e a valle dell’ordinanza, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, il dirigente o il responsabile dell'ufficio irroga una sanzione alternativa alla demolizione che concorre allo stato legittimo dell’immobile (pur non essendo stato previsto espressamente un titolo in sanatoria).

Per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire la norma (art. 34) prevede:

  • la rimozione/demolizione;
  • la sanzione alternativa che concorre allo stato legittimo (con le stesse problematiche di quella di cui al precedente art. 33);
  • la sanatoria semplificata di cui all’art. 36-bis.

Con l’introduzione del nuovo art. 34-ter (sul quale il confronto porterà certamente nuovi elementi alla discussione), è stato prevista la regolarizzazione:

  • degli interventi realizzati come varianti in corso d'opera che costituiscono parziale difformità dal titolo rilasciato prima della data di entrata in vigore della Legge n. 10/1977 (ovvero il 30 gennaio 1977), e che non sono riconducibili ai casi di tolleranza;
  • delle parziali difformità, realizzate durante l'esecuzione dei lavori oggetto di un titolo abilitativo, accertate all'esito di sopralluogo o ispezione dai funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia, rispetto alle quali non sia seguito un ordine di demolizione o di riduzione in pristino e sia stata rilasciata la certificazione di abitabilità o di agibilità nelle forme previste dalla legge, non annullabile ai sensi dell'articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Nel primo caso (varianti ante ’77), è possibile regolarizzare l’intervento:

  • dimostrando l’epoca di realizzazione mediante la stessa asseverazione tecnica prevista per lo stato legittimo;
  • presentando una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA);
  • pagando, a titolo di oblazione, una somma determinata ai sensi dell'articolo 36-bis, comma 5, del TUE.

Il tutto “sentite le amministrazioni competenti secondo la normativa di settore”.

Nel secondo caso, l’intervento, in deroga a quanto previsto dall'art. 34, è soggetto alla disciplina delle tolleranze costruttive ed è, quindi, regolarizzabile mediante attestazione del tecnico abilitato.

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