Testo Unico Edilizia: criticità e proposte per la rigenerazione urbana

L'intervento di Nicola Durante: la rigenerazione urbana incontra troppi limiti applicativi a causa della mancanza di disposizioni chiare nell'ordinamento attuale

di Redazione tecnica - 26/02/2025

I limiti agli interventi di rigenerazione

Infine, spiega Durante, bisogna prendere atto che nell’ordinamento permangono limiti generali, applicabili agli interventi di rigenerazione, che non risultano superati dalla nuova normativa.

Anzitutto, sussiste l’obbligo del piano attuativo nelle zone centrali e di pregio di cui all’art. 2-bis, comma 1-ter, del T.U., secondo cui: “nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell’ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatti salvi le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e i pareri degli enti preposti alla tutela”.

A ciò si aggiunga che, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d), nelle stesse zone – oltre che per gli immobili vincolati – “gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria”.

Pertanto, in dette zone la rigenerazione urbana:

  • è subordinata all’approvazione di un piano attuativo, verosimilmente un programma complesso ex artt. 2 e 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179 (programmi di riqualificazione urbana e programmi integrali d’intervento), o atto similare. Al contrario, il piano di recupero, rivestendo valenza meramente attuativa dello strumento generale, è inidoneo a derogare allo strumento urbanistico generale, neppure quando tale modifica trovi giustificazione in una richiesta del privato;
  • può tendenzialmente avvenire solo attraverso interventi di nuova costruzione e non di ristrutturazione “leggera” o “pesante”.

Operano poi:

  • l’obbligo di rispetto delle distanze legittime preesistenti di cui all’art. 2-bis, comma 1-ter, del T.U.,;
  • le norme sulle altezze massime, di cui all’art. 8 del D.M. 1444/1968;
  • l’obbligo di garantire le aree standard e a parcheggio, nei casi sia di premialità volumetrica, sia di mutamento di destinazione d’uso.

Infatti, l’art. 23-ter, comma 1-quater, del T.U. prevede che “il mutamento di destinazione d’uso non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale previsto dal  e dalle disposizioni di legge regionale, né al vincolo della dotazione minima obbligatoria dei parcheggi previsto dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150”, ma ciò nei casi di cui al comma 1-ter, ossia quelli riguardanti “una singola unità immobiliare ubicata in immobili ricompresi nelle zone A), B) e C) o equipollenti”. Per contro, la rigenerazione riguarda concettualmente interi fabbricati e non singole unità immobiliari.

Non si può quindi che sottolineare la “fragilità” del tessuto normativo di riferimento che frena molte spinte propulsive, specie quando l’intervento proposto non sia immediatamente riconducibile entro le griglie normative e pianificatrici esistenti.

Il duplice rischio, conclude Durante è quello  di “mettere in allarme” le amministrazioni pubbliche nei riguardi delle soluzioni più innovative e di “allontanare” gli investimenti privati, mentre continua a permanere un approccio di tipo empirico e sperimentalista che non generalizza in nuovi paradigmi normativi le esigenze legate al recupero del territorio.

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